Chiesa dei Santi Filippo e Prospero

Chiesa dei Santi Filippo e Prospero

Ricordata già nel XII secolo la chiesa di San Prospero era sede di una comunità monastica benedettina. Non restano che poche tracce dell’antica chiesa romanica, perché già nel cinquecento, allontanatisi i monaci entrò nella cura pastorale della pieve di Sant’Andrea (1565). Prima affidata alla Congregazione di chierici del Sacro Chiodo, nel 1620 subentrarono gli Oratoriani di San Filippo, che aggiunsero al titolo della chiesa anche quello di San Filippo Neri. Completamente ristrutturata nel corso del XVII secolo oggi la chiesa è impreziosita dagli affreschi settecenteschi di Gian Domenico Ferretti e da alcune notevoli tele con le storie della Passione del XVII secolo.

Biblioteca Fabroniana

Libri sopra la chiesa

La Biblioteca Fabroniana fu ufficialmente istituita nel 1726 nei locali allestiti sopra la chiesa dei SS. Filippo e Prospero in seguito alla donazione “inter vivos” della ricca libreria del Cardinale Carlo Agostino Fabroni (Pistoia 1651- Roma 1727) che già nel 1722 aveva avviato i lavori di ristrutturazione dell’edificio e messo a disposizione beni per garantire il mantenimento e lo sviluppo di una biblioteca che dovesse «sempre, et in perpetuo servire a commodo, ed uso publico della città».

http://www.bibliotecafabroniana.it/

Carlo Agostino Fabroni

A servizio della vera fede

Brillante intellettuale e teologo di origine pistoiese, Fabroni (Pistoia 1651- Roma 1727) svolse gran parte della sua carriera a Roma, rivestendo ruoli apicali presso la corte pontificia. Divenuto uno degli uomini di fiducia di Papa Innocenzo XII (1691-1700) si guadagnò la nomina a segretario di Propaganda Fide. Fabroni si adoperò soprattutto nella lotta al Giansenismo, è infatti considerato l’estensore della bolla Unigenitus, pietra miliare nella condanna degli “errori” dei giansenisti. Nel 1706 fu creato cardinale con il titolo di Sant’Agostino.


Antico Spedale del Ceppo

Il fregio che orna la facciata dell’antico Spedale del Ceppo a Pistoia è considerato un capolavoro del Rinascimento italiano e della città di Pistoia. Si tratta di un’opera commissionata dallo Spedalingo Leonardo Buonafede. In un primo momento Buonafede commissionò a Benedetto Buglioni la lunetta con l’Incoronazione della Vergine sopra alla porta d’ingresso dell’antica corsia degli uomini (1511-1512); poi, tra il 1525 e il 1529 chiamò Giovanni della Robbia (1469-1529) ad eseguire i tondi che si trovano in facciata, mentre nel 1526-28 Santi Buglioni realizzò sei delle sette opere di misericordia del fregio. L’ultima scena – che raffigura dare da bere agli assetati – fu compiuta nel 1586 dal pistoiese Filippo Paladini (1544-1614). Il Fregio mostra le sette opere di misericordia come sono presentate nel Vangelo di Matteo (25, 36-41). La decorazione parte dal lato sinistro con il riquadro raffigurante vestire gli ignudi. Più avanti si trova la scena dedicata a visitare gli ammalati dove, ai lati, sono due infermi a letto che vengono assistiti da due medici e alcuni aiutanti, mentre al centro compare il Buonafede. Visitare i carcerati rappresenta al centro lo spedalingo accompagnato da una figura vestita di verde – da riconoscere in san Leonardo, suo santo eponimo e protettore dei carcerati. Segue la formella del seppellire i morti, dove lo spedalingo presiede al funerale di un defunto. Accanto è raffigurato dar da mangiare agli affamati, mentre l’ultima formella, che descrive dar da bere agli assetati, rappresenta un altro spedalingo, Bartolomeo Montechiari, mentre distribuisce l’acqua in brocche e ciotole ai numerosi astanti che lo circondano.


Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas

San Giovanni Fuorcivitas

Un’antica chiesa dedicata a San Giovanni e detta fuorcivitas (fuori della città) esisteva certamente prima del 1085, quando fu inclusa nella seconda cerchia di mura. La chiesa attuale fu riedificata nel 1170 ad opera di Gruamonte, autore anche dell’architrave scolpito con l’Ultima Cena. Alla metà del Trecento la chiesa fu ingrandita e allungata nella zona presbiterale, tuttavia la decorazione del paramento murario esterno fu completata in armonia con quella preesistente. L’interno è frutto di un ammodernamento avvenuto nel XVII secolo e di ripetuti interventi che hanno inteso ripristinare le forme romanico-gotiche.

La chiesa conserva un pulpito databile al 1270, opera di Fra’ Guglielmo, discepolo di Nicola Pisano. Tra i capolavori conservati in chiesa si distingue l’acquasantiera in marmo collocata al centro dell’aula, generalmente attribuita a Nicola Pisano attorno il 1270.

Tra i capolavori del Rinascimento si distingue il celebre gruppo della Visitazione di Luca della Robbia (1445).

L’acquasantiera

L’acqua e le virtù

Chi entra in chiesa si fa il segno della croce dopo aver attinto con le dita l’acqua benedetta. Un gesto che richiama il Battesimo, il momento in cui il credente è introdotto da una nuova vita in Cristo sorretta dalla grazia. La grazia, l’amore di Dio che raggiunge l’uomo, è qui significato dalle tre Virtù Teologali (Fede, Speranza e Carità) raffigurate come cariatidi coronate. L’uomo, rinnovato dal Battesimo, è quindi sorretto nella capacità di agire bene secondo le quattro virtù cardinali (Giustizia, Temperanza, Fortezza e Prudenza) scolpite sui lati del bacile.

Visitazione di Luca della Robbia

Un incontro che incanta

Il gruppo, realizzato in terracotta invetriata da Luca della Robbia attorno al 1445, presenta le figure in una dimensione di intimità purissima e dimessa, invitando alla preghiera e alla devozione, sull’esempio di Elisabetta inginocchiata e stupita.

Dal Vangelo di Luca (1,39-55)

«In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Il cantico di Maria. Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Pulpito di Fra’ Guglielmo

Dalla discesa nel mondo all’ascesa al Cielo

Il pulpito, databile attorno al 1270, presenta sul fianco sinistro:

  • storie dell’infanzia di Cristo (Da sinistra in alto verso destra): Annunciazione, Visitazione, Natività e l’Adorazione dei Magi;

Sul fronte storie della Passione di Cristo (Da sinistra in alto verso destra): Lavanda dei Piedi (narrata nel Vangelo di Giovanni Evangelista, titolare della Chiesa), Crocifissione di Cristo, Compianto su Cristo morto, Discesa agli inferi del Risorto.

Nel fianco destro (da sinistra in alto verso destra):

  • Pentecoste, Assunzione della Vergine Maria, Ascensione al Cielo di Gesù.

Il pulpito ha tre leggii: quello di sinistra è accompagnato dal Cristo nella mandorla tra angeli e sotto tre figure maschili (San Paolo apostolo, Tito e Timoteo), quello al Centro è decorato con il Tetramorfo (le quattro figure che alludono ai 4 evangelisti), quello a destra tre figure identificabili con gli altri autori delle lettere cattoliche (Giovanni Evangelista, Pietro, Giacomo).

L’autore del pulpito, Guglielmo, era allievo di Nicola Pisano, ma anche frate domenicano. Del maestro ripropone lo stile, anche se manca la fantasia compositiva, la sintesi di genio e la qualità di Nicola. Come Nicola, però, anche Guglielmo raffigura i personaggi ispirandosi alle antichità romane, come se avesse davanti agli occhi antichi sarcofagi o rilievi. Matrone romane, satiri, figure di ignudi, popolano le formelle del pulpito.


Chiesa di San Bartolomeo

Chiesa di San Bartolomeo

Le origini della chiesa sono molto antiche e risalgono al periodo longobardo, quando il medico longobardo Gaidoald fece costruire un monastero benedettino dedicato a San Bartolomeo. L’edificio nella sua attuale struttura, con impianto basilicale a tre navate divise da colonne e senza transetto, fu ricostruito nel 1159 dall’Abate Bono. La porta di accesso centrale è sovrastata da un architrave scolpito che raffigura Cristo risorto che mostra le ferite ai discepoli e li invita a portare nel mondo il Vangelo, opera di Gruamonte o della sua bottega. Gli archi portano un rivestimento policromo con tarsie di marmo bianco e verde di Prato, secondo gli stilemi del romanico pistoiese.

All’interno si conservano i resti di un pulpito oggi parzialmente ricomposto al termine della navata sinistra. Le lastre della cassa, raffiguranti storie di Cristo dopo la sua morte, sono firmate da Guido da Como e datate 1250. Altri rilievi, raffiguranti le storie dell’Infanzia di Cristo, ma sempre attribuiti a Guido sono datati al 1239 e forse appartengono ad una più antica fase di lavorazione del pulpito.

Nel catino absidale è ancora visibile un grande affresco raffigurante Cristo in Maestà tra angeli, San Bartolomeo Apostolo e San Giovanni Battista, opera attribuita al pittore Manfredino da Pistoia. L’interno, piuttosto spoglio in conseguenza di un radicale restauro degli anni ’60, è impreziosito da numerosi dipinti seicenteschi appartenuti alla chiesa e al monastero annesso.

Pulpito di Guido da Como

Ricostruire un pulpito

Il compimento del pulpito di S. Bartolomeo risale al 1250 con la realizzazione delle Storie di Cristo risorto. Sono invece datate 1239 alcune scene a rilievo dell’infanzia di Cristo già parte del pulpito ma oggi collocate sulla parete adiacente.

Il pulpito ebbe funzione di cantoria fino al 1844, nel 1976 fu ricomposto e collocato dove si trova attualmente, ma né la disposizione dei pezzi, né la posizione attuale rispecchiano quelle originali. L’insieme, infatti, poggia su tre colonne e un quarto pilastro di cemento.

Dall’infanzia alla resurrezione

Agli angoli sono collocati due gruppi scultorei: a sinistra, la testa ghignante di Lucifero fa da piedistallo ai tre evangelisti Marco, Matteo e Luca, sormontati dall’aquila-leggio simbolo dell’evangelista Giovanni; a destra, l’apostolo Paolo e Timoteo e Tito suoi discepoli.

La parte centrale è costituita da quattro formelle a basso rilievo che rappresentano una tematica squisitamente pasquale:

  1. in alto a sinistra la discesa agli inferi del Cristo vincitore della morte, seguito dal Battista e da due re (Davide e Salomone?) che tende la mano ad Adamo ed ai giusti dell’Antico Testamento (Eva e Abele?). Sopra la scena si legge : Inferni portis stratis cum principe mortis / Extra portavit haec quae Deus ipse creavit.
  2. in basso a sinistra Gesù risorto nella veste di anonimo pellegrino si accompagna a due discepoli ed entra con loro nella taverna di Emmaus. Nell’iscrizione si legge: Iste peregrinus peram post dorsa ligatus / Missus divinus Jesus est, de Virgine natus.
  3. in alto a destra l’apparizione, la sera di Pasqua, ai discepoli chiusi nel Cenacolo. Nell’iscrizione soprastante è scritto: Panditur hic ante conspectum discipulorum, / Thoma distante qui nulli credit eorum.
  4. in basso a destra il Cristo risorto appare di nuovo ai discepoli e invita l’incredulo Tommaso a mettere le dita nel suo costato. Nell’iscrizione si legge: Discipulis edit se Christus et omnia credit / Thomas, cum tangit quibus os errantibus angit.


Basilica della Madonna dell’Umiltà

Basilica della Madonna dell’umiltà

Il 17 luglio 1490 nell’antica chiesa di S. Maria Forisportam – già ubicata nello spazio corrispondente al vestibolo dell’attuale edificio – un affresco raffigurante la Vergine iniziò a versare lacrime e a compiere miracoli, richiamando un gran numero di fedeli. Il dipinto, che oggi si trova sull’altare maggiore, rappresenta la Madonna dell’Umiltà, ovvero una Madonna che allatta il bambino seduta a terra. Vista la devozione nei confronti dell’affresco miracoloso, nel 1495 si cominciò a erigere la nuova chiesa, progettata da Giuliano da Sangallo e realizzata dal pistoiese Ventura Vitoni, cui va riferito lo splendido vestibolo rinascimentale. Il progetto del Sangallo si estendeva poi al corpo a pianta ottagonale sormontato da una cupola su cui si aprono sei cappelle. La costruzione si protrasse fino al 1561, quando Giorgio Vasari cominciò la costruzione della cupola a tutto sesto. L’ardita copertura presentò presto problemi statici poi risolti dall’intervento di Bartolomeo Ammannati. Quest’ultimo stabilizzò la cupola con cerchiature di ferro ancora oggi visibili e rinforzi negli archi delle cappelle. Le cappelle dell’ottagono sono decorate con dei dipinti che rappresentano Storie della Vergine e di Cristo. La più importante è quella maggiore, dove l’immagine miracolosa della Madonna dell’Umiltà è inserita all’interno di un altare realizzato nel 1612 da Jacopo Lafri e Pietro Tacca. La Madonna dell’Umiltà fu presto eletta a compatrona della Diocesi di Pistoia e ancora oggi se ne celebra solennemente la festa il 17 luglio.

Lacrime sulla città

La Beata Vergine Maria è raffigurata in una piccola stanza, nell’atteggiamento di allattare il Bambino Gesù che stringe delicatamente con la destra al seno, seduta su un cuscino, non in trono, ma per terra, e per questo motivo indicata come Madonna dell’Umiltà.

Il capo della Madonna, leggermente chino, è circondato da un’aureola ornata di piccoli raggi e dodici stelle che, insieme alla luna posta sotto i suoi piedi, presenta la Vergine come la donna «vestita di sole» del libro dell’Apocalisse (12,1). In basso a sinistra è ritratta in ginocchio una donna, l’offerente, dall’aspetto senile, con le mani giunte, che guarda fissa nel volto amoroso e serio della Madonna. Circa un secolo dopo la realizzazione dell’affresco, Pistoia era sprofondata nella violenza per le discordie civili.

Il 17 luglio 1490 accade qualcosa di straordinario. Alcune persone stanno assistendo alla Messa all’Altare della Madonna. All’improvviso i presenti vedono chiaramente trasudare dal volto della Madre di Dio alcune gocce che scendono fino ai piedi della Vergine segnando il dipinto. Questo sudore dura per più settimane e le sue tracce sono tuttora visibili: un segno corre lungo il profilo del corpo della Vergine, altre due cadono giù quasi verticalmente dal suo volto.

Preghiamo

Sotto la Tua Protezione
cerchiamo rifugio,
santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa
e benedetta.


Chiesa di Santa Maria delle Grazie o del Letto

La tradizione tramanda che nel 1336 una fanciulla ricoverata nello spedale dei SS. Jacopo e Lorenzo fu miracolosamente guarita da una lunga infermità per intercessione della Beata Vergine. La Vergine, allontanandosi dalla ragazza, avrebbe lasciato la sua effigie su una parete dello spedale. L’immagine è in realtà un dipinto trecentesco che raffigura la Madonna con il bambino in volo. L’antico oratorio, sorto intorno all’effigie miracolosa, nel corso del Quattrocento fu ampliato fino ad assumere l’aspetto attuale. I lavori furono a spese del Comune di Pistoia che allora amministrava l’ospedale, come segnala lo stemma a scacchiera sorretto da due orsi (i ‘micchi’ simbolo della città) scolpito in facciata. 

Nel 1535 la chiesa fu affidata alle suore agostiniane che costruirono il  loro convento a fianco del santuario. Nel 1784 il monastero fu soppresso e il complesso, in seguito incorporato nell’Ospedale del Ceppo, è oggi di proprietà dell’Azienda Sanitaria Locale. L’interno ha un aspetto rinascimentale, con una cupola sorretta da quattro colonne e affreschi di inizio ‘500. Sugli altari nei bracci del transetto sono custodite due belle tele di Sebastiano Vini, pittore veronese molto attivo a Pistoia nella seconda metà del ‘500. Nella navata è presente un monumento funebre in stile barocco e di gusto romano dedicato al pistoiese Luca Cellesi (1575 –1669), vescovo di Martorano in Calabria.


Musei di Palazzo Rospigliosi

Nel Palazzo Rospigliosi sulla Ripa del Sale hanno sede il Museo Diocesano, il Museo Rospigliosi e il Museo del Ricamo. Il Museo Diocesano conserva arredi liturgici, opere religiose, ma anche rare e preziose collezioni donate da privati. Le opere provengono da chiese di tutto il territorio diocesano. La campionatura di arredi destinati al culto e al decoro ecclesiastico è particolarmente completa e rappresentativa dei mutamenti di stile attraverso i secoli e delle più svariate tipologie di oggetti. Il Museo Rospigliosi presenta una prestigiosa quadreria barocca e un sontuoso arredo seicentesco che si ritiene allestito per il papa pistoiese Giulio Rospigliosi (1667-1669). Il Museo del Ricamo si articola in due sale. Nella prima sono esposti i manufatti collegati alla vita domestica in età moderna (abbigliamento, biancheria, etc.); nella seconda sono custoditi arredi e preziosi indumenti ecclesiastici ricamati di proprietà della Cattedrale e di altre chiese della Diocesi.

MUSEO DIOCESANO PALAZZO ROSPIGLIOSI

Il museo è temporaneamente chiuso al pubblico.
Per info: museodiocesano@diocesidipistoia.it

musei.diocesipistoia.it

MUSEO DEL RICAMO

Per info e prenotazioni:  0573.358016 - www.museoricamopistoia.it


Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola

Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola

I Gesuiti, giunti a Pistoia nel 1635, dettero inizio ai lavori di costruzione del loro Collegio nel 1641. La chiesa, intitolata a Sant’Ignazio, fondatore della Compagnia di Gesù, fu avviata nel 1647. La facciata è rimasta incompleta. Nel 1774 venne dedicata allo Spirito Santo poiché dopo la soppressione della Compagnia di Gesù la chiesa fu affidata alla Congregazione dei preti dello Spirito Santo, che aveva sede nell’odierna chiesa di San Leone. Sulla grande aula, che segue il modello proprio delle chiese gesuitiche ispirate alla Chiesa del Gesù di Roma, si aprono le cappelle laterali e trova grande risalto l’altare maggiore. L’altare fu commissionato dal Papa pistoiese Giulio Rospigliosi (Clemente IX, 1667-1669), che si rivolse a Gian Lorenzo Bernini per il disegno e a Pietro da Cortona per la tela. L’altare, in marmi policromi, è un’opera unica nel suo genere a Pistoia. Il dipinto raffigura la visione di Sant’Ignazio alla Storta, quando Cristo lo invitò a sostare a Roma dove la Compagnia avrebbe potuto svilupparsi. In chiesa, sulla cantoria di sinistra, è conservato un prezioso organo dell’organaro fiammingo Willem Hermans (1664) perfettamente funzionante, utilizzato per la didattica musicale e i concerti d’organo dall’Accademia internazionale d’organo ‘Giuseppe Gherardeschi’, ubicata nei locali della Chiesa di Sant’Ignazio. Tra le opere presenti in chiesa anche una tela raffigurante San Francesco Saverio che predica agli infedeli opera di Andrea Pozzo (1702).

«A Roma ti sarò propizio»

Il dipinto di Pietro da Cortona sull’altare maggiore raffigura la visione di Sant’Ignazio alla Storta. Un soggetto che riepiloga alcuni episodi della vita di Sant’Ignazio significativi per la storia della Compagnia di Gesù. Una biografia di Ignazio può aiutarci a comprendere:

«Il fatto si svolse così: durante tutto il viaggio, Ignazio esperimentò molti sentimenti spirituali, soprattutto nel ricevere la comunione, somministrata da Fabro o da Lainez durante la messa quotidiana. Un sentimento prevaleva sugli altri: una ferma fiducia che Dio li avrebbe protetti nelle difficoltà che avrebbero potuto incontrare a Roma. Le parole che interiormente sentì, secondo l’affermazione di Lainez, furono queste: «Io vi sarò propizio in Roma».

(Candido de Dalmases, Il padre maestro Ignazio. La vita e l’opera di sant’Ignazio di Loyola, Milano 1984, pp. 178-179)

Giulio Rospigliosi

Il Papa del melodramma
Il secolo del Teatro ha consegnato alla storia un Papa scrittore di melodrammi, il pistoiese Giulio Rospigliosi salito al trono per poco più di due anni con il nome di Clemente IX (1667-1669).
La sua figura e la storia della famiglia Rospigliosi si legano a doppio filo alla storia di Pistoia e ad alcune delle più importanti committenze d’arte della città toscana.

Ippolito Desideri

Un pistoiese in Tibet

Missionario gesuita ed esploratore (Pistoia 1684 – Roma 1733). Inviato in India per stabilirvi delle missioni, si recò a Delhi (1714) e di là iniziò un viaggio attraverso il Tibet giungendo nel 1716 a Lhasa. Durante il soggiorno in quel paese (fino al 1721) studiò la lingua e la storia locali, e scrisse una relazione del suo viaggio (pubblicata in Notizie Istoriche del Tibet e Memorie de’ Viaggi e Missione ivi Fatta [La Relazione], ed altre scritture in italiano: Petech, L., I Missionari italiani nel Tibet e nel Nepal, vol. 4-7, Roma, 1954-57).

Accademia Internazionale d’Organo e Musica Antica “G. Gherardeschi”

L’Accademia Internazionale d’Organo e Musica Antica “Giuseppe Gherardeschi” offre i suoi servizi a tutti coloro che sono interessati all’organo italiano, specialmente all’organo pistoiese, o alla musica antica.

https://accademiagherardeschi.org/

Nei locali adiacenti alla chiesa di Sant’Ignazio di Loyola ha sede l’Istituto di Musica Sacra Lodovico Giustini, un servizio diocesano di formazione musicale strumentale e vocale finalizzata alla realizzazione di una degna e partecipata liturgia nelle parrocchie, secondo quanto stabilito dalla costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” sulla sacra liturgia.

Per informazioni: info@accademiagherardeschi.org


Pieve di Sant’Andrea

Pieve di Sant’Andrea

La chiesa di Sant’Andrea risale all’alto medioevo, quando era collocata appena fuori dalla prima cerchia di mura. Fin da allora è indicata come ‘pieve’, cioè dotata di fonte battesimale, e ricordata come «seconda per dignità soltanto alla Cattedrale».

L’aspetto attuale, che risente di influssi pisano lucchesi, è opera di Gruamonte, scultore e architetto che ha lasciato il proprio nome nell’architrave del portale maggiore dove è ricordato anche il fratello Adeodato. L’architrave, datato 1166, descrive l’arrivo dei Magi e l’offerta dei doni a Gesù Bambino. L’edificio riflette un desiderio di rinnovamento religioso cittadino successivo all’arrivo delle reliquie di San Giacomo apostolo (1144) e all’inserimento di Pistoia nelle vie di pellegrinaggio.

All’interno si trova il celebre pulpito di Giovanni Pisano, firmato e datato 1301. In chiesa sono conservati anche due crocifissi lignei dipinti a lui attribuiti, probabilmente scolpiti per l’uso processionale. Il catino absidale è stato affrescato all’inizio del ‘500 del pittore pistoiese Bernardino del Signoraccio, mentre dietro l’altare è collocata una croce dipinta che ritrae il Volto Santo di Lucca opera di Girolamo Scaglia. In fondo alla navata sinistra si conserva una tavola datata 1492 che raffigura l’affresco miracoloso conservato nella Basilica della Madonna dell’Umiltà, qui riprodotto a due anni di distanza dalla prodigiosa lacrimazione dell’effigie della Vergine. Il Martirio di Sant’Andrea è opera di Giovanni Battista Volponi (1531 circa).

Pulpito di Giovanni Pisano

L’artista si presenta

A lode del Dio trino il lavoro iniziato porto a fine nell’anno corrente 1301. Promotore dell’opera e donatore è il pievano Arnoldo, che possa sempre essere benedetto. Andrea di Vitello e anche Tino, figlio di Vitale, noto sotto tale nome, dei tesorieri sono i migliori. Scolpì Giovanni che non compì cose vane, figlio di Nicola, felice per la migliore maestria, che Pisa generò, dotto in ogni cosa mai vista.

Con questa iscrizione Giovanni Pisano firma il pulpito di Sant’Andrea, uno dei suoi massimi capolavori. L’opera, un mirabile intreccio di scultura e architettura, fu collocata nella posizione attuale attorno al 1619 quando fu spostato dalla sede originaria, più prossima al presbiterio e ricomposto con alcune modifiche.

 

La base del pulpito

Il pulpito è esagonale e poggia su una colonna centrale, circondata alla base da un leone alato, un’aquila e un grifone che si torcono per adattarsi alla forma della base stessa: essi rappresenterebbero la morte di Cristo, la resurrezione e il suo ritorno finale.

La fascia più bassa del pulpito, animata da figure allegoriche prevalentemente ferine preannuncia alcuni temi illustrati più sopra (la Chiesa “leonessa” che allatta i piccoli), il leone che azzanna un cavallo, simbolo della vittoria finale di Cristo sul maligno, l’uomo barbuto e schiacciato dal peso della colonna che potrebbe alludere all’uomo irredento dal peccato.

 

Tutta la storia in cinque atti

Nella zona intermedia troviamo descritta l’attesa del Salvatore e le profezie relative alla sua venuta; Sibille e profeti accompagnano le formelle con le scene delle storie di Cristo. Dalla nascita, che combina in realtà più momenti (Annunciazione, Annunciazione ai pastori, Primo bagno di Gesù bambino), all’Adorazione dei Magi (anche qui completata da ulteriori scene), dalla Strage degli innocenti, descritta con tutta la formella in una sintesi drammatica di cruda violenza. Poi c’è la scena della Crocifissione di Gesù, infine il Giudizio finale.

 

Attenzione agli spigoli

Scorrendo dalla destra dell’accesso le figure negli spigoli troviamo:

  • Un diacono con turibolo, forse S. Stefano protomartire; Il Cristo mistico o Cristo apocalittico (Dal costato di Cristo scaturiscono dei tralci che alludono alla Chiesa. La figura è sovrastato dall’Etimasia, cioè dal trono coperto su cui posa la colomba dello Spirito Santo e pende la mano del Padre Eterno).
  • La statua che separa l’Adorazione dei magi dalla Strage degli innocenti può essere identificata con Sant’Andrea, titolare della chiesa e in atto di benedire.
  • Tra la strage degli innocenti e la Crocifissione di Cristo si trova il leggio composto dal Tetramorfo, cioè la raffigurazione simbolica dei quattro evangelisti.
  • Tra la Crocifissione e il Giudizio Finale sono raffigurati Tre Apostoli (autori di lettere apostoliche: Paolo, Pietro, Giovanni).
  • Chiude (e completa) la scena del Giudizio finale la raffigurazione degli angeli tubicini (angeli che suonano la tromba per destare dal sonno della morte).

Guarda il video

Il Crocifisso di Ripalta

La peste e la grazia

Alla fine del Trecento infieriva in Toscana e a Pistoia una terribile pestilenza. L’epidemia fu accompagnata da un movimento penitenziale detto dei Bianchi, che invitata alla conversione e al pentimento attraverso processioni e pellegrinaggi. Il Crocifisso di Ripalta, scelto per la sua bellezza, fu portato in giro per le strade della città ma anche nei centri vicini per volontà del vescovo di Pistoia Andrea Franchi e ritenuto autore di molti miracoli.

Il crocifisso, opera di Giovanni Pisano ritenuta coeva al pulpito di Sant’Andrea (1301), era collocato nella Chiesa di Santa Maria a Ripalta. Qui è rimasto fino alla fine del Settecento, quando, per la soppressione della parrocchia fu portata nella chiesa di Sant’Andrea insieme all’edicola marmorea che lo custodiva. Oggi il crocifisso è in una teca sulla parete sinistra della chiesa, mentre nell’edicola è collocato un altro crocifisso, di dimensioni di poco più grandi, anch’esso opera di Giovanni Pisano o dei suoi collaboratori.


Antico Palazzo dei Vescovi

L’antico palazzo dei vescovi è stato costruito a più riprese a partire dalla fine dell’XI secolo. Nel 1786 il vescovo Scipione de’ Ricci lo abbandonò vendendolo a privati. Il palazzo, dopo notevoli alterazioni, ha subìto importanti restauri tra il 1974 ed il 1980. Al suo interno custodisce arredi sacri e paramenti liturgici provenienti dalla Cattedrale realizzati nel corso dei secoli, tra cui lo splendido Arazzo Millefiori prodotto da maestri fiamminghi all’inizio del XVI secolo. Il museo si estende, a pianterreno, in alcuni ambienti già appartenenti all’Opera di San Jacopo, un ente sorto per la gestione del culto di San Jacopo con finalità caritative e assistenziali per i pellegrini. Il percorso include anche l’antica «Sacrestia de’ belli arredi» ricordata da Dante nel canto XXIV dell’Inferno. La raccolta del museo della Cattedrale presenta oreficerie medievali e rinascimentali di straordinaria importanza come la Croce detta di Sant’Atto opera di manifattura tedesca (1280 c.), il Calice detto di Sant’Atto opera di Andrea e Tallino di Ognibene (1286), il reliquiario della Vergine opera del maestro fiorentino Rombolus Salvei (1379), il reliquiario di Sant’Eulalia opera del maestro Gualandi (1444).

Per info e prenotazioni:  0573.974267 - www.pistoiamusei.it